Per il Tar Lazio è legittima la Determinazione AIFA n. 818/2018 sull'equivalenza terapeutica tra principi attivi diversi

27/08/2020

Con la sentenza n. 9203 del 13 agosto scorso, il Tar Lazio ha rigettato il ricorso proposto da un'azienda farmaceutica avverso la determinazione AIFA n. 818/2018, con la quale sono stati definiti in via generale i criteri per la valutazione di “equivalenza terapeutica” tra principi attivi diversi, valevole ai fini della individuazione dei lotti per la presentazione di offerte nelle gare di fornitura di farmaci agli Enti del S.S.N. 

Tale determina si poneva a valle di una complessa attività di “riesame”, che aveva indotto l’Agenzia a sospendere prima (provvedimenti n. 697/2016; 1134/2016; 1456/2016), e a revocare poi (determina n. 1571 del 20 dicembre 2016), i precedenti criteri fissati con la determinazione n. 458/2016, al fine di operare un più approfondito esame della materia, tenuto conto delle criticità da più parti evidenziate dagli operatori del settore. 

Con la pronuncia in esame, il Tar ha, innanzitutto, evidenziato l'assenza di profili di contraddittorietà nella decisione di riproporre - una volta soddisfatte le esigenze di più ampio  coinvolgimento di istituzioni e di stakeholders, e dopo approfondito riesame (anche alla luce dell'evoluzione che nel tempo ha vissuto lo stesso concetto di “equivalenza terapeutica”) - le medesime regole e criteri di cui alla delibera n. 458/2016, oggetto di precedente revoca. Peraltro, trattandosi un provvedimento amministrativo a carattere generale, nessun particolare onere motivazionale era richiesto.

Quanto al "modello istruttorio" delineato nella delibera 818 - che ritiene sufficiente, ai fini del parere di equivalenza terapeutica, l'accertata assenza  di studi di superiorità di un principio attivo rispetto all'altro (anzichè, come indicato dalla ricorrente, su documentati studi di comparazione "testa a testa" tra i farmaci interessati) - i Giudici lo hanno ritenuto legittimo in quanto "non manifestamente irragionevole". Tale modello - che trova comune applicazione in presenza di interessi pretensivi, ma che il TAR ritiene valido anche qualora vengano in rilievo, come nella specie, interessi oppositivi - non integra una "inversione dell'onere della prova", ma risponde ad evidenti esigenze di snellimento burocratico. Il che non preclude al privato – soprattutto se in possesso di un certo know-how e di certe risorse – di contrastare produrre eventuali "studi di superiorità", e tanto soprattutto in considerazione delle notevoli risorse e delle ampie dimensioni organizzative di cui le stesse possono normalmente disporre, e che invece non sono nella disponibilità della P.A. a causa dei vincoli imposti dalla spending review.

Ancora: secondo il TAR, la possibilità che l'equivalenza terapeutica possa riguardare anche medicinali in patent non viola i principi di privativa industriale. Nel caso di specie, non viene in rilievo la tutela del brevetto, perchè si tratta di operare solo una valutazione, in termini di pari efficacia terapeutica, di principi attivi diversi, tutti potenzialmente idonei a soddisfare determinate esigenze della P.A.

Infine, non sussiste nemmeno violazione dei diritti di partecipazione procedimentale delle aziende farmaceutiche, laddove la delibera impugnata colloca il confronto con queste ultime a valle dell'espressione del parere da parte della CTS; secondo i Giudici, le aziende interessate sono adeguatamente e puntualmente coinvolte nel procedimento di equivalenza terapeutica, tra l’altro in un momento ottimale per le stesse, in cui le stesse aziende hanno la possibilità di spiegare al meglio il proprio apporto partecipativo formulando osservazioni “a ragion veduta”, tenendo cioè conto della preliminare valutazione effettuata dalla CTS, senza pregiudizio degli esiti del procedimento stesso.

X

Attenzione, il sito non è ottimizzato per questa risoluzione. Prova a ruotare il dispositivo o, in alternativa, accedi al sito da tablet o pc